Uno sguardo oltre il velo
Il nuovo libro di
Giuseppina Rosa Costa
Capire il significato spirituale degli accadimenti è molto, molto difficile; forse impossibile, ma è necessario almeno tentare di vedere fra la nebbia, oltre il velo della materia o della illusione…Nascere, brillare, sparire è stato l’unico tema unificante di tutte le civiltà, di tutte le culture, di tutti i grandi imperi e governi e delle grandi dinastie. Sono cambiati di volta in volta i membri dell’orchestra e i ballerini, anche il direttore, ma la musica è sempre stata la stessa e lo è tuttora: il potere assoluto, il dominio configurato proprio geometricamente nella piramide.
Il libro è stato concepito in 9 capitoli, di argomenti diversi, aventi ognuno la funzione di rappresentare parte della scena del mondo, al fine della ricomposizione del quadro generale; come atti di una commedia o di una tragedia che comunque arriva al suo finale.
Infatti, ogni capitolo è conchiuso in sé, nel senso che è indipendente dagli altri, avendo un suo inizio, svolgimento e fine. E’ una tessera di puzzle che, opportunamente incastrata con le altre, ricompone e rivela il quadro generale globale.
Prefazione dell'autrice
L’idea di scrivere questo libro mi è venuta nel 2012, dopo aver visto il film “Romanzo di una strage” del regista Marco Tullio Giordana, riguardante l’attentato di Piazza Fontana a Milano, alla Banca dell’Agricoltura il 12 dicembre 1969 e dei tragici fatti che ha comportato. All’epoca avevo 27 anni, lavoravo come segretaria in un liceo scientifico statale e, contemporaneamente frequentavo, da studente lavoratore, l’Istituto Superiore di Scienze Sociali di Trento, dove mi sono laureata nel 1971. Il film mi aveva emozionato; mi aveva fatto rivivere una storia del passato recente in cui anch’io, come centinaia di migliaia di giovani di allora, avevo partecipato con passione, con idealità, nella convinzione ingenua, se non proprio fallace, che il mondo si sarebbe lasciato cambiare come volevamo noi, secondo una visione fideistica, spontaneista che ha distrutto, ma non costruito, così che il mondo, dal vuoto, ha ripreso forza ed ha cambiato noi. Mio marito ed io eravamo stati protagonisti attivi ed entusiasti delle lotte sociali di quegli anni nella scuola, nella fabbrica, nel quartiere, nel sindacato, nei partiti di sinistra e nei gruppi extraparlamentari; poi, idealmente, nel tempo, pur essendo cambiata la scena della storia, non avevamo mai smesso la “militanza” e, nel luglio del 2002 eravamo anche andati ai funerali di Pietro Valpreda al Circolo anarchico di Viale Monza a Milano. Eppure, nel vedere il film, ci eravamo resi conto di avere dimenticato tutto, nomi, personaggi, dinamiche, coinvolgimenti, false piste, capri espiatori, pur avendo seguito “dal vivo” gli eventi terroristici di quel tempo. Anche altri spettatori, più o meno della nostra età, avevano avuto le stesse sensazioni, tanto che all’uscita dalla sala, in un gruppetto ci si era fermati a commentare, a ricordare.
A quel punto mi ero detta che, se perfino noi, che avevamo vissuto gli eventi in prima persona, avevamo dimenticato non tanto l’accadimento, quanto la sua valenza politica e storica, per le generazioni dopo la nostra, il vuoto di memoria collettiva, l’indifferenza o addirittura la non conoscenza, le avrebbero sradicate, private dei punti fermi da cui partire per riflettere su se stessi, sulla società nel suo complesso e come interagire con essa in modo attivo e responsabile. Un albero, privato delle radici, si secca e muore, così che mi piace dedicare questa testimonianza a quei giovani, idealmente miei figli e nipoti, che vogliano impegnarsi nella ricerca della loro propria verità, nel profondo di se stessi.
Non è necessario predisporre una ricerca sociologica strutturata per conoscere il grado di conoscenza e di consapevolezza della gente rispetto a quanto sta accadendo nel mondo; basta osservare le persone comuni con le quali si viene in contatto nella vita quotidiana; una grande ignoranza dei meccanismi economici reali e di potere, una confusione emotiva e mentale che toglie energia e volontà di reagire. Sono più che mai diffuse la sensazione e la percezione che prima o poi debba succedere un “patatrac perché così non si può più andare avanti”, essendo più che mai assimilata e interiorizzata, anche inconsciamente, la forma-pensiero secondo la quale dallo stato di cose presenti si uscirà solo per causa di eventi apocalittici.
L’élite mondiale del potere sta impedendo con ogni mezzo fisico, psichico, mentale la presa di coscienza e la volontà di lotta dei popoli, per la libertà e per riprendere valore, dignità, autodeterminazione, responsabilità delle proprie scelte e del proprio futuro, nel quale sia il sistema economico ad essere al servizio dei bisogni umani; oggi gli uomini sono il carburante che alimenta il moloc che li conduce alla destrutturazione e alla morte.
Questo è il tema centrale del mio lavoro con il quale ho voluto ricostruire, mediante una documentazione sintetica ma precisa e ragionata, lo stato dell’umanità nel suo complesso oggi, in cui è in forse perfino la sua stessa sopravvivenza. Mi sono proposta di presentare una ricognizione dell’esistente, di ricomporre il grande puzzle fino a rappresentare il disegno autentico, dando ad ognuna delle tessere, buttate alla rinfusa nello scatolone della storia, la sua giusta collocazione e la sua giusta consequenzialità rivelatrici.
Il quadro che ne è apparso, via via, ai miei occhi è molto deprimente, se non mortifero, essendosi resa manifesta la degradazione della nostra civiltà che sta espandendosi velocemente, in forma esponenziale, come se fosse in una folle corsa verso il suicidio, istigato da una energia menzognera, perversa, disumana. Mio malgrado, sono stata sopraffatta dall’angoscia per la fine annunciata, tanto che ho dovuto smettere di scrivere per alcuni mesi, per recuperare l’equilibrio emotivo e la serenità che mi sono abituali.
Non è una esagerazione e chiunque leggerà il libro, non potrà che condividere il mio profondo turbamento, mitigato in parte dall’essere anziana, prossima alla fine della vita terrena, una vera e propria liberazione se fossero veramente profetiche le parole del 3° Segreto di Fatima “I vivi invidieranno i morti per quanto i loro occhi saranno costretti a vedere e le loro orecchie a sentire”.
Eppure i giochi non sono ineluttabilmente predestinati ad un unico risultato e le sorti della partita ancora possono cambiare se gli esseri umani più consapevoli, cambiando se stessi, sintonizzano il proprio sistema energetico ai livelli vibrazionali cosmici più elevati, così da squarciare la muraglia di onde elettromagnetiche che avvolge l’intera sfera planetaria, costituita dalle forme pensiero dominanti. Sono potentissimi aggregati di energia, degli “dei” artificiali, creati dai pensieri e dalle opere degli uomini stessi, programmati per sterminare l’umanità così com’è oggi, sostituita in toto dall’intelligenza artificiale e dalla ingegneria genetica, salvo qualche miliardo di individui per il puro lavoro servile ai padroni del mondo, all’élite del potere che si ritiene già divina e prossima a conseguire l’immortalità.
Fin che c’è vita, c’è speranza, così dice la saggezza popolare ed io l’ho sperimentato di persona oltre 30 anni fa, quando mi fu diagnosticata una grave malattia che non lasciava scampo e il mio destino sembrava essere definitivamente segnato. Me ne ero fatta una ragione, tuttavia avevo sentito il bisogno di alleggerirmi, di deporre lo zaino, colmo di energie pesanti, che mi portavo sulla schiena per una vita non facile, di modo che il passaggio alla dimensione disincarnata, fosse per lo meno sereno. Simbolicamente avevo voluto anticipare il momento cruciale: mio marito ed io, in quattro e quattr’otto, come si dice, lasciati casa, lavoro, professione, sicurezza economica, avevamo fatto il classico salto nel buio, andando a vivere, in attesa della morte, in un paese dell’Abruzzo, ai piedi della Maiella, che fino a pochi mesi prima non sapevamo neanche che esistesse, che ci era stato segnalato da un collega di lavoro che lì aveva la casa di vacanza.
Solo il cambio di ambiente aveva fatto di me un’altra persona, nel senso che aveva cancellato tutto quanto avevo scritto nel diario della mia vita fino a quel momento e reso i fogli bianchi perché vi scrivessi una storia tutta nuova. Per almeno due anni ho vissuto in una specie di limbo, non sapendo come sarebbe andata a finire, traendo le energie dalla Natura, dalla terra vera e propria che avevamo imparato a coltivare con il metodo biodinamico di Rudolf Steiner e i cui frutti erano il nostro cibo. Per 11 anni abbiamo vissuto in una casa isolata sopra un colle; mio marito aveva trovato un lavoro part-time in una fabbrica a 70 chilometri di distanza; io vivevo le giornate attorniata solo da cani, gatti, galline, conigli, sempre impegnata nell’orto e nelle conserve, nel fare il pane, pasta e dolci con la farina del nostro grano biodinamico …
La Natura mi ha guarito, mi ha purificato nelle energie sottili, nel corpo eterico secondo Steiner, e quindi anche nel corpo fisico; tutto il mio sistema energetico di pensieri, di ideali, di credenze, di priorità e di volontà è cambiato; lontana dal mondo e dalle sue distrazioni, in una riproposizione dell’ora et labora benedettino, ho avuto l’opportunità di incontrare e fare mia un’altra visione della vita umana sulla Terra, non più solo materialistica, bensì multidimensionale, spirituale.
Non mi sono dissociata, meno che mai pentita delle mie idee e delle mie azioni degli anni precedenti il “ritiro”, con le quali rivendicavo il valore delle classi lavoratrici come motore della storia e una maggiore giustizia sociale per tutti, popoli e individui, a partire da me stessa, non solo a livello economico, ma culturale ed ideale; anzi, rendo loro onore perché mi hanno accompagnato, per oltre la metà della vita, nel mio percorso di maturità e hanno preparato la mia coscienza ad evolversi verso un piano mistico di conoscenza della condizione umana.
L'autrice
Giuseppina Rosa Costa
GIUSEPPINA ROSA COSTA è nata nel 1942 a Sesto San Giovanni (Milano), città medaglia d’oro della Resistenza; figlia unica di una coppia autoctona di operai antifascisti, socialisti e contro la guerra. A causa della malattia, della disoccupazione e della successiva morte del padre, appena terminata la scuola media dell’obbligo, ha dovuto mettersi a lavorare, ovvero a fare piccoli lavori estemporanei per rimediare qualche liretta che le permettesse almeno di pagarsi un corso di stenodattilografia, in previsione di trovare un impiego decente appena fosse entrata in possesso del libretto di lavoro a 15 anni. Come prima occupazione ha fatto la commessa in un negozio di cappelli e ombrelli, poi a 16, appena dopo la morte del padre, ha iniziato la sua carriera di impiegata generica e, contemporaneamente quella di lavoratore studente alle scuole serali che, fino agli anni ’70 del novecento erano tutte private e anche costose. Dapprima ha conseguito un diploma di Segretaria d’azienda di un corso triennale; successivamente, con degli esami di idoneità è approdata all’Istituto tecnico commerciale, dove si è diplomata ragioniera nel 1965. Nel 1967, appena istituito l’Istituto Superiore di Scienze Sociali di Trento, al quale si poteva accedere con qualunque diploma di scuola media superiore, si era iscritta, sempre da lavoratore studente, cioè in pratica, di massima, vi andava solo a dare gli esami e si è laureata in Sociologia ad indirizzo sociologico nel 1971. Dai primi anni ’60 e fino al luglio del 1971 non ha mai fatto una vacanza perché tutti i giorni di ferie o di permessi erano, gioco forza, impiegati per studiare, recuperare, dare esami, preparare tesi.
Dal punto di vista lavorativo, ha lavorato 4 anni nel settore privato, poi nel settore pubblico come applicata di segreteria in istituti d’istruzione superiore; da ragioniera come segretaria economa; da laureata, sempre nello stesso Ente, ha svolto un’esperienza collaborativa con le strutture e le équipe psichiatriche per 7 anni, poi nella organizzazione dei servizi sociali territoriali agli albori del Piano Sanitario Nazionale, legge 833 del 1978.
Nel 1983, a causa di una grave malattia, ha lasciato la professione e si è trasferita a vivere in Abruzzo, dando vita ad una piccola azienda agricola condotta con il metodo biodinamico di Rudolf Steiner; ritornata dopo molti anni nella sua città natale, si è dedicata allo studio di varie scuole di pensiero spirituali, alla pratica di terapie olistiche ed energetiche; è Master Reiki e biopranoterapeuta diplomata.
Sul suo sito internet AlbaRosa scrive racconti di esperienze personali, saggi, poesie in dialetto milanese con versione italiana, improntati ad argomenti storici, filosofici e spirituali.