Amore e potere

Vent’anni fa, alla morte di mia madre, riordinando armadi e cassettiere, avevo trovato in fondo ad un baule un bustone di carta con vecchie fotografie e documenti vari che avevano riguardato  i miei genitori e la  famiglia in generale,  fra i quali una specie di “certificato di battesimo”, emesso da una congregazione missionaria che dichiarava che, per volontà di mia mamma e di mio papà, con una offerta in denaro, era stata battezzata, contemporaneamente a me,  una piccola negretta con il mio stesso nome, Giuseppina Rosa, in qualche sperduto villaggio dell’Africa nera.

Da bambina, probabilmente qualche volta dovevo aver pensato a questa mia sorellina spirituale, ben sapendo che non l’avrei mai incontrata, mai conosciuta, tuttavia in qualche modo,  era stata un riferimento affettivo, almeno nell’infanzia e  fino a che la mia famiglia era stata travolta da avvenimenti dolorosi, ai quali avevo dovuto far fronte per sopravvivere alla meno peggio.

Le medie inferiori le avevo frequentate presso una scuola cattolica, retta da un ordine di suore specializzato nell’educazione delle bambine, una forma di semi convitto, in cui si andava dalla mattina alla sera e tutti i giorni dell’anno.  Nei mesi estivi c’era la scuola del lavoro dove si imparava a ricamare, a cucire, a lavorare a maglia, a dipingere la ceramica.  Nonostante alcuni anni dopo avessi abiurato alla religione della Chiesa di Roma, sempre ho avuto nel cuore sentimenti di rispetto e profonda gratitudine per la figura simbolica della suora, dato che in quegli anni, così difficili per me, la scuola dalle religiose aveva rappresentato, non solo un’ancora di salvezza in un mare in tempesta,  ma un’alternativa ad esistenze mortificanti, date dalla povertà e dall’arretratezza culturale del proletariato degli anni ’50; uno stimolo all’impegno nello studio, nel lavoro, nel superare le prove e le bruttezze della vita e tendere al vero, al bello e al buono, ovviamente con l’aiuto divino.

Sono sempre stata talmente cosciente di quella mia esperienza vivificante e dei miei sentimenti che, quando  38 anni fa, iniziai la relazione, pre-convivenza dapprima e matrimoniale  poi,  con mio marito, allora marxista, leninista, stalinista, anticlericale, convintissimo che  le religioni fossero solo l’oppio dei popoli, l’unica condizione che gli posi fu che, se avessimo avuto figli, avrebbe dovuto acconsentire ad una loro scolarizzazione dai preti e dalle monache,  poiché negli anni ’70, quando la scuola pubblica era già ridotta ad un’area di parcheggio, priva di veri contenuti educativi, le scuole confessionali rappresentavano un modello formativo ed evolutivo, con quel po’ di disciplina indispensabile  ad imparare a mantenere la schiena diritta e a camminare sulle proprie gambe.  Da adulti,  avrebbero potuto fare altre scelte, in ordine alle loro esperienze di vita, come avevo fatto io del resto.  Figli non ne abbiamo avuti perciò non si sa come sarebbe andata a finire.

Orbene, in prima o seconda media, non ricordo, ci fu un avvenimento straordinario nella parrocchia della scuola: il ritorno, per un periodo di cure e riposo, di un sacerdote, che era partito da lì trent’anni prima, per andare missionario  in Africa.  Oltre ai festeggiamenti di bentornato alla sua persona,  c’era stata tutta una mobilitazione generale per raccogliere fondi e generi vari che avrebbe portato alla sua missione quando fosse rientrato.

Io, che avevo una omonima africana, una sorellina “virtuale”, mi ero sentita subito chiamata in causa personalmente e, poiché proprio in quel periodo, alla scuola del lavoro, avevo imparato a sferruzzare le scarpine dei neonati, mi ci ero buttata a capofitto, com’è tipico dei temperamenti Leone; per almeno due mesi, in maniera frenetica, monomaniacale , avevo lavorato indefessamente a fare scarpine e scarpine, dapprima con la lana di scarto, gomitolini di filo  disfatto e recuperato,  i”burlinett”, come si dice in dialetto milanese,  che riuscivo a farmi dare dai parenti miei e delle mie compagne e  dalle famiglie del cortile.  Mia mamma, tutte le mattine, quando andava a lavorare in fabbrica,  mi lasciava dei soldi perché mi comperassi qualcosa da mangiare a mezzogiorno, ma quando non avevo i “burlinett”, con quei soldi  comperavo la lana nuova;  sferruzzavo e fantasticavo; mi sentivo un angelo che offriva il suo dono ai piccoli africanini che divenivano cristiani, come la mia sorellina nella fede Giuseppina Rosa!

Finalmente arrivò il giorno dell’allestimento della grande mostra missionaria; avevo  appaiato le scarpine, una cinquantina,  secondo il colore, la foggia, il punto impiegato, i cordoncini, una varietà di confezione, determinata sia dalla materia prima a disposizione, sia dalla mia creatività estetica….  Ahimé,  i grandi manifesti e le fotografie raffiguravano bambini piccoli praticamente nudi, in braccio alle loro mamme, appena appena ricoperte da pezzi di stoffa, con lo sfondo delle capanne di paglia, senza vegetazione intorno ed io, d’un colpo, mi ero resa conto che delle scarpine di lana, all’equatore, non avrebbero saputo cosa farsene!

Il mondo mi era crollato addosso; avevo lavorato per niente e non ero nemmeno più un angelo, ma solo una  bambina confusa che aveva proprio sbagliato il dono e tutta quella fatica, quell’impegno erano stati inutili; ero mortificatissima anche perché  intuivo vagamente  e anche una vocina dentro me lo diceva, che in qualche modo avevo voluto essere ammirata,  lodata per avere fatto delle cose straordinarie che le altre bambine neanche se le sarebbero sognate..…. Una delusione che era stata quasi una punizione!

Le suore mi avevano confortato in qualche modo… “non hai lavorato per niente, le scarpine le abbiniamo ai numeri della pesca di beneficenza, così si raccolgono i soldi ed è anche meglio…”, ma non era la stessa cosa perché  non potevo più sentirmi l’angelo, il messaggero che dispensava  ai più piccoli della missione un amore personale e non solo  corredini!  Dovevo elaborare il lutto, riparare il mio amor proprio ferito e ricordo che non era stato troppo facile! Fatto è che, da quel momento e per oltre vent’anni, l’Africa, anche nominalmente, sarebbe uscita dalla mia vita.

Nel corso degli anni ’70, avevo fatto un  viaggio in Tunisia ed un altro in Algeria e,  nel 1997 un tour storico- archeologico ed esoterico in Egitto; tre tipi di viaggi completamente diversi per motivazione, organizzazione, compagnia, esperienze psichiche e relazioni umane diversissime.  In tutti e tre i casi, comunque, l’impressione intima che ne avevo riportato era stata che le mie energie non erano in sintonia con le energie di quei luoghi, anzi proprio dissonanti tanto che, più o meno coscientemente, ancora una volta avevo estromesso l’Africa dalle mie attenzioni etnoculturali e sociali.

Ho appena finito di scrivere un libro sulla tragicità della condizione umana di oggi ed un capitolo di esso tratta specificatamente della riurbanizzazione mondiale con sostituzione violenta di popolazioni, della cancellazione di ogni forma di identità collettiva e di coscienza individuale, della disumanizzazione che si avvale anche, come arma di distruzione di massa, dell’immigrazione clandestina di gente inconsapevole e incolpevole, scagliata, dai padroni del mondo, contro le comunità autoctone in una feroce lotta per la sopravvivenza.     Nel nuovo ordine mondiale infatti,  l’intelligenza artificiale e l’ingegneria genetica rendono inutili almeno 5 miliardi di esseri umani, divenuti solo consumatori di risorse naturali e inquinatori, oltre che un problema di ordine pubblico.

Non è questa, tuttavia, la mia riflessione di oggi che vuole invece soffermarsi sulla  differenza fra la religiosità naturale, intima di ogni coscienza, la  relazione  personale con la divinità, sia in sé che fuori di sé e la religione come istituzione terrena organizzata che, sempre nella storia, in ogni epoca, in ogni civiltà, ha rappresentato il POTERE nel controllo e nella manipolazione della spiritualità, e comunque, con le sue più alte gerarchie, è stata sempre alleata,  in simbiosi addirittura,  con il POTERE mondano economico, politico, militare e sociale che ha sempre dominato le masse umane.

Tanto più evidente appare oggi questa contrapposizione da ciò che sta avvenendo in Africa, in Medio Oriente e in Asia, in quelle che sono sempre state terre di missione per la religione cristiana, dal cattolicesimo alle varie confessioni protestanti: da terre di missione sono divenute, per le persone dei missionari e dei pochi convertiti, terre di martirio. Eppure, sono  convinta che il lavoro, l’abnegazione, le energie profuse nella evangelizzazione, oltre che nell’aiuto umanitario vero e proprio ai più poveri del mondo, scaturiti da idealità e amore per il prossimo, siano espressione di maturità spirituale e  vera fratellanza e  che, al livello delle relazioni personali con le comunità e i loro territori  abbiano senz’altro fatto più bene che male.

Purtroppo,  fin  dall’inizio il Cristianesimo, divenuto religione di Stato con Costantino e successivamente Cattolicesimo, come continuazione dell’Impero Romano, si è caratterizzato subito come religione terrena di POTERE temporale e psichico allo stesso tempo, fondata sul connubio simbiotico fra la croce e  la spada.  Ha sempre di fatto manipolato, sfruttato in qualche modo,  l’amore, la generosità, la  spontaneità e il  disinteresse, sorti nel cuore di alcuni esseri umani, spiritualmente più evoluti,  verso altri rimasti indietro,  affamati, assetati, ignudi, estranei,  ammalati,  carcerati  che Gesù Cristo stesso chiama “miei minimi fratelli”. (Matteo 25,40), per farne la testa di ponte, il cavallo di Troia per le sue conquiste imperialiste di continenti e di popoli.

Ricordare come l’opera di evangelizzazione e di apostolato dei singoli missionari, in assoluta buona fede, abbia poi sempre aperto la strada agli stermini delle popolazioni native, delle loro culture, delle loro religioni, ridotte, nella generalità, alla povertà, se non alla miseria vera e propria, da tutte le forme peggiori di sfruttamento colonialista rapinatore, ad opera del POTERE mondano, figlio dello spirito del tempo giudaico-cristiano,  è perfino scontato.   Sta di fatto che alcuni anni fa papa Giovanni Paolo II° si era sentito in dovere di chiedere scusa ai popoli nativi di tutti i continenti del male la Chiesa di Roma aveva fatto nei loro confronti, per quanto avesse ormai potuto valere, dopo che la supremazia dell’Occidente   si era imposta, in duemila anni, con il sangue, l’esproprio e lo sfruttamento dei popoli indigeni di ogni parte del mondo.

Comunque sia andata, la civiltà occidentale, sul piano proprio del progresso materiale, dal punto di vista dello sviluppo della scienza e della tecnica, ha svolto perfettamente il suo compito, sacrificando al completo ogni forma di evoluzione dell’anima e negando addirittura il collegamento umano alla Coscienza Cosmica e allo Spirito Universale. Sì, ha consentito l’esplorazione dello spazio, la fabbricazione di armi micidiali e dell’intelligenza artificiale  con la quale sostituirà l’uomo-animale, ma ha ridotto il pianeta in uno stato di guerra efferata e permanente di tutti contro tutti e l’insieme dell’umanità  vittima di follia omicida e di auto distruttività.

A questo punto, fatte le somme, si può senz’altro affermare che le religioni rivelate, dette “ del libro”, tutte e tre, che hanno  la stessa matrice extrafisica,  cioè la stessa famiglia di “dei”, abbiano comportato una involuzione, una regressione delle coscienze umane, svuotate sistematicamente di spiritualità, inaridite nell’anima fino a perdere il senso del bene e del male.  Basta riflettere per un momento a come siamo ridotti, come esseri umani e ci rendiamo subito conto che le religioni materialiste di puro POTERE terreno non hanno migliorato  eticamente il mondo, lo hanno solo insanguinato.

Questo ciclo storico che dura da oltre quattromila anni, in qualunque modo lo si voglia intendere secondo le teorie religiose, piuttosto che mitologiche, antropologiche o addirittura aliene, è giunto inequivocabilmente alla sua fine; gli “dei” che lo hanno governato devono cedere il dominio della Terra e dell’Umanità ad altri; non lo vogliono fare e stanno vendendo cara la loro pelle, anzi la pelle degli esseri umani, schiavi inconsapevoli, ma perversamente simbiotici ad essi.

Come sarà per noi  lo spirito del tempo nuovo, non ci è dato sapere ora, tuttavia i cambiamenti che vivrà l’Umanità, nel bene e nel male, nei prossimi secoli, sono indotti dall’avvicendamento nel Cosmo delle Energie degli astri,  degli dei, degli eoni, dell’attività solare, nell’eterna legge universale di morte e rinascita.  La morte è necessaria affinchè da essa nasca nuova vita, nuova spiritualità,  nuova umanità, nuova intelligenza, l’ opportunità di liberarsi dall’incatenamento e dalla degenerazione per poter riprendere il cammino della maturazione della coscienza e ascendere a livelli  più evoluti, meno soggetti alla densità della materia, per non essere estromessi per sempre dal ciclo della evoluzione cosmica.

La morte di un ciclo storico o dello spirito di quel tempo comporta la fine di tutte le sue ideologie e istituzioni terrene  e, vivaddio, anche delle religioni materialisticamente organizzate  quali intermediarie con quel POTERE extrafisico, multidimensionale che ci ha ingannato, essendosi fatto credere l’unico dio universale e avendoci separato al contempo dalla Fonte originaria della Spiritualità e della Universalità. Poiché la Bibbia stessa dice che: “ il Signore YHWH ha detto questo:… Ecco, io creo nuovi cieli e nuova terra; e le cose precedenti non saranno richiamate alla mente, né saliranno al cuore…” (Isaia 65:13,17), come esseri umani dovremo ripartire dall’anno zero, come sempre è avvenuto nella storia delle civiltà terrestri nel corso dei millenni, ogniqualvolta  ci sono stati mutamenti di relazione  con i cosiddetti Spiriti o dei.

Per noi umani incarnati, che conosciamo solo la dimensione fisica, è molto, molto difficile, quasi impossibile nella generalità, accettare  l’idea che la morte sia  assolutamente necessaria per la perpetuazione della vita, in forma sia biologica che energetica, o spirituale.  Eppure, il cosiddetto mistero della vita e della morte, ci è stato riproposto attraverso il Vangelo proprio dalla morte e dalla resurrezione di Gesù Cristo. Morto il suo corpo fisico in croce, si è “liberato” il suo corpo sottile,  eterico con il quale è apparso alle donne  al sepolcro.  “Noli me tangere”  dice loro … Non toccarmi … essendo, a quel momento, divenuto solo  energia immateriale, sia pure ad immagine e somiglianza del suo corpo fisico vivo.

Questa resurrezione non ha riguardato solo il Cristo; in realtà è stato un insegnamento universale, un esempio vissuto della multidimensionalità del composto umano che le religioni e le culture vediche  più antiche già avevano divulgato nei millenni precedenti, secondo il quale l’uomo non ha solo il corpo fisico materiale, bensì ha altri corpi sottili, di pura energia, a vari gradi di densità e di coscienza che fluttuano su altri mondi o piani vibrazionali più elevati nella misura in cui l’IO fisico incarnato,  primitivo in un certo senso,  li conosce e li potenzia con il suo agire.  Tutto nel Cosmo si rinnova costantemente in forma ascendente, dal materiale allo spirituale; dal meno intelligente al più intelligente; dal piccolo, imperfetto e debole verso il grande, perfetto e forte.

In questo tempo della fine,  tutti avvertiamo, più o meno coscientemente, di essere giunti al capolinea di un ciclo storico, anzi che già se ne è iniziato un altro con tutte le sue incognite e ne abbiamo paura;  è anche naturale, siamo umani,  imperfetti, ed allora neghiamo, ci stordiamo in mille modi, ci illudiamo che l’eclisse di oggi sia contingente e che si possa continuare la vita conosciuta, esperita, per quanto anche matrigna possa essere stata,  perché l’ignoto  ci terrorizza.

Così come questo “condannato sistema di cose” per usare un termine biblico, mette in essere ed attua ogni sorta di  azioni delittuose contro l’umanità per durare quanto più può e per controllare la fase di transizione al nuovo, al fine di non perdere la sua egemonia, così noi esseri umani ci attacchiamo ancora di più all’esistente, in tutte le sue articolazioni degenerate e mortifere,  nella illusione che saranno esse a tenerci lontano dalla morte, ma in realtà siamo noi a tenere in vita loro con la nostra energia.

Così è avvenuto alla caduta dell’Impero Romano, allorquando gli “dei”, ovvero le entità extrafisiche che controllano l’umanità, hanno pilotato e manipolato il cambiamento.  L’autentico messaggio spirituale del Cristianesimo originario è stato deliberatamente occultato;  se ne è fatta subito una religione terrena di puro potere materiale, di derivazione ebraica , che  ha fatto credere che Gesù Cristo fosse il  figlio del dio della Bibbia, con pretese di universalità, di modo che un dio, fino a quel momento, solo di razza,  attraverso la grande menzogna, assurgesse al ruolo di dio unico universale  così che,  per i successivi duemila anni,  i credenti della religione cristiana sono stati tenuti lontani dalla Verità.

“Guai a voi, Scribi e Farisei ipocriti! Perché chiudete il Regno dei Cieli dinanzi agli uomini; poiché voi stessi non entrate e non lasciate entrare quelli che stanno per entrare” (Matteo 23:13).  Ora la religione che ha caratterizzato la civiltà occidentale, nel bene e nel male, ha concluso il suo  periplo, la precessione degli equinozi è avvenuta, siamo ormai passati dalla costellazione dei Pesci a quella dell’Acquario con campi di radiazioni e influssi cosmici completamente diversi; sta a noi esseri umani sintonizzarci su queste nuove energie meno dense, meno ossificate, proprio attraverso un responsabile e cosciente lavoro sui nostri corpi sottili, emozionali, sulla nostra psiche o anima per ritrovare nel profondo di noi stessi il dio del  nostro cuore e della nostra comprensione.  E’ l’unica strada che abbiamo, come umanità, per superare la grande prova che ci attende.

Lascia un commento da Facebook

Leave A Response

* Denotes Required Field