Ripensando a Varsavia

In Polonia sono andata due volte, ma solo a Varsavia, negli anni ’72-’73, in visita lampo di un giorno o due e  con lo stesso tour operator CGIL; avevo visto pochissimo, solo il centro  cioè la “città vecchia” che mi era piaciuta molto e mi aveva sorpreso sapere che era stata completamente ricostruita, tale e quale,  secondo i disegni e i quadri antichi  dopo che, nella seconda guerra mondiale, era stata completamente rasa al suolo dai bombardamenti tedeschi.

Non è che l’essere  stata “assegnata”, dagli accordi di Yalta  fra Roosevelt, Churchill e Stalin, all’area della Unione Sovietica,  sia stato per la Polonia solo disgrazia; in termini positivi l’aveva sottratta alla speculazione edilizia più selvaggia con la quale il sistema capitalistico  aveva operato in Occidente per la ricostruzione. In particolare in Italia, dove aveva dato origine all’infame  connubio della politica, i suoi conflitti d’interesse e le sue corruttele, con parte degli apparati  della Pubblica Amministrazione e con la criminalità organizzata,  documentato da tante denunce, inchieste, film, tipo “Le mani sulla città” di   Francesco Rosi (1963) e di altra vasta letteratura. Tuttavia, sostanzialmente,  non avevano arrestato il fenomeno che perdura a tutt’oggi, ancora più degenerato in un pozzo nero senza fondo.

Tanto era stato esaltante, dal punto di vista emotivo, il mio contatto con Budapest, altrettanto intenso era stato il senso di depressione che mi aveva assalito nell’essere a Varsavia, poiché, sono sempre stata ipersensibile alla qualità e alla intensità delle energie  dei luoghi, degli ambienti, di ogni essere vivente.  Il punto focale, emanatore di quell’energia che percepivo pesante, anche un po’ opprimente,  era stato l’imbattermi di continuo in squadre irrigimentate di bambini,  di adolescenti e di giovani, probabilmente intere scolaresche,  tutti vestiti con la tonaca nera da prete; ovunque girassi gli occhi non facevo che vederli entrare ed uscire dalle varie chiese del centro storico; tutto quel nero, quell’inquadramento da plotone militare, mi avevano reso inquieta e ansiosa.

Dovevano essere ben poveri i Polacchi,  se avevano dovuto mandare  i loro bambini in massa nei seminari e nei conventi ancora  negli anni ’70!  Mi era venuto da pensare così, ricollegandomi alle esperienze vissute nella famiglia di mia madre, nella quale  gli ultimi due figli di 9, 10 anni di età,  erano stati mandati,  la femmina in un convento e il maschio in seminario,  per diminuire, nell’immediato,  il peso delle bocche da sfamare, sperando anche di dare loro qualche chance in più, rispetto a quella vita di miseria  senza alcuna prospettiva.

Il reclutamento di questi bambini poveri che si contavano in gran numero, specialmente nelle campagne, per tutto il secolo scorso, almeno fino al dopoguerra, avveniva tramite predicazioni straordinarie di paese in paese, ad opera di sacerdoti o frati appositamente addestrati, e che si denominavano”missione”, appunto quella di convincere le famiglie a cedere alla Chiesa qualcuno dei loro figli, affinchè divenisse prete o suora, il che  avrebbe anche conferito, nel tempo, un certo prestigio sociale.

Ho avuto un collega di lavoro, persona dalla vita interessante, più giovane di me di qualche anno, che aveva avuto proprio quel tipo di esperienza in Sicilia nel dopoguerra; ultimo figlio di una famiglia sfortunata, era stato internato in seminario a 11 anni, dal quale era riuscito ad uscire dopo il liceo, con certe distorsioni sessuali e psicologiche che qualche problema di adattamento glielo avevano dato;  meno male per lui, che, nel tempo, aveva imparato a viverle  con disinvoltura.

Certo è che le vocazioni, più o meno indotte, abbondavano ; i conventi e i seminari erano popolatissimi e non per opera dello Spirito Santo, come veniva predicato, bensì a causa della miseria, ragion per cui diventa fin troppo facile ritenere che l’influenza e la manipolazione delle coscienze da parte delle religioni siano inversamente proporzionali alla condizione di benessere o, per lo meno di autosufficienza e di autonomia  personale e delle comunità.

Non so come sia andata in generale; i miei zii erano stati “sfortunati”.  La zia, dopo una decina d’anni che aveva trascorso nel convento di un certo ordine monacale, facendo la serva schiava perché non aveva portato alcuna dote e la famiglia non dava niente per il suo mantenimento, si era ammalata di tubercolosi e, ancora giovanissima,  era ritornata a casa. Lo zio non aveva mai  iniziato a studiare da prete; era rimasto “fratello laico”, uomo di fatica , sfruttato anche sessualmente;  si sa che quei luoghi particolari sono sempre stati il vivaio, il brodo di cultura di comportamenti devianti indotti.

Subito dopo la guerra, lo zio aveva lasciato la tonaca ed aveva cominciato a lavorare  come operaio in una grande fabbrica milanese; mio padre, scherzosamente,  soleva dire che l’unica cosa buona della sua vita da frate, era stata quella di avere facilitato ai familiari l’acquisto dei generi alimentari prodotti nel  convento, durante gli anni di guerra, sia pure a prezzi di mercato nero.  La cosa peggiore, invece, per la quale  si era veramente infuriato,  era stata che lo zio si era vantato con lui di avere votato, nelle elezioni del 1948, ben tre volte, ovviamente per la Democrazia Cristiana, a causa del disordine amministrativo di quel tempo: al suo Comune di nascita e nei due in cui si trovavano strutture dell’Ordine dei Frati in cui era dato ancora residente!  Gli zii  non si erano mai rifatti una vita; erano rimasti single, irrealizzati, insoddisfatti, deracinés, per dirla alla Camus.

In verità della Polonia da allora non mi ero mai più interessata, fino a qualche mese, quando mi era venuta l’ispirazione a ricordare i viaggi che avevo fatto da giovane nei Paesi dell’Est Europa; ormai parlare di avvenimenti personali o collettivi di 40-50 anni fa è più o meno come ricordare gli Orazi e i Curiazi, sono interessanti solo per chi li ha vissuti, se non trovano un loro aggancio alla realtà generale di oggi.

Per ritornare alla Polonia, quando alla fine della seconda guerra mondiale si ritrovò ad essere uno degli Stati satelliti dell’Unione Sovietica, dovette fare di necessità virtù: governi comunisti filorussi  staliniani o post staliniani che fossero stati, avevano sempre dovuto contrattare e scendere a compromessi reciproci con la Chiesa Cattolica nazionale,  vera potenza ideologica che aveva plasmato e guidato la popolazione da oltre 900 anni e che ne era stata una solida base di identità e di coesione, sia nei tempi della maggiore grandezza dello Stato (15°-16° secolo), sia quando era scomparso dalla carta geografica, essendo stato spartito fra Austria, Russia e Prussia.

In questo quadro storico si comprende il perché dei pretini, delle giovani ragazze del lago Balaton, che peccavano, pur pentendosi ogni volta, ma si sa, la carne  debole vince sempre o quasi sullo spirito forte. D’altra parte l’orientamento  e il controllo delle coscienze attraverso la formazione religiosa era sicuramente predominante  e ciò, a livello politico  aveva costituito la necessità, oltre che la forza per i vari leader,  di contrattare con l’URSS una “via polacca”, cioè una stretta alleanza strategica, però nel rispetto e nella valorizzazione della specificità, della cultura popolare religiosa  e dei modelli di vita della Polonia.  Più o meno tutti, da Gomulka ad Jaruzelski, morto proprio in questi giorni,  avevano dovuto dare un colpo al cerchio ed uno alla botte per scongiurare il pericolo di un’invasione sovietica, come già era avvenuto in Ungheria e in Cecoslovacchia  anni prima.

Nei primissimi anni ’70 la povertà la si respirava a Varsavia, la capitale;  chissà quale doveva essere la situazione  nel resto del Paese.  Io, nonostante ci fossi stata più o meno di sfuggita,  avevo avuto modo di notare ed apprezzare i vari manufatti  artigianali che venivano venduti come souvenir ai turisti, veramente artistici, di gusto, non dozzinali o di serie, a prezzi  irrisori rispetto alla qualità.  Con pochissimi soldi, avevo comperato uno specchio ovale, a quadro da parete,  con una importante cornice di rame brunito sbalzato a mano; una piastrella in terracotta con un guerriero stilizzato, molto originale anche questa e, soprattutto la statuetta in legno, alta  una quarantina di centimetri, della madonna con bambino, coloratissima,  primitiva, grezza, naif, non so, che mi aveva preso il cuore da subito.  In ogni casa in cui ho abitato è sempre stata un soprammobile in bella vista e ogni volta che la guardo, ancora dopo  42 anni, non posso fare a meno di dirle: “ come sei bella, come sei tenera”  Il simbolo sicuramente, ma anche l’energia di chi l’ha scolpita e la mia che l’amo, danno  un’anima a questo pezzo di legno!

L’altra cosa che mi aveva colpito era stata che nei negozi in cui si comperava solo con valuta straniera,  e lì la nostra liretta era super apprezzata, c’era un numero spropositato di commessi rispetto al volume delle vendite.  Ricordo di avere acquistato un LP 33 giri di musica classica che era passato in  mano ad almeno 8 addetti, ognuno con una mansione estremamente parcellizzata e di una lentezza e flemmaticità esasperanti; per me, milanese “doc” una vera sofferenza!

Avevo capito subito però che questo surplus di manodopera era il mascheramento di una grande disoccupazione derivata da una pesante stagnazione economica; lo Stato avrebbe dovuto comunque dare un minimo sussidio a tutte le persone che  non avevano un vero lavoro, tanto valeva che le tenesse occupate in lavori pro-forma “socialmente utili” e, secondo me, era un giusto principio.

Era passato solo qualche anno dall’insurrezione degli operai dei cantieri navali Lenin di Danzica, avvenuta nel dicembre del 1970, a causa della politica di austerità e dell’aumento dei prezzi dei generi di prima necessità.  I manifestanti avevano incendiato la sede del Partito Operaio polacco di Danzica e la rivolta era stata sedata dalla Polizia e dall’Esercito con decine e decine di morti e centinaia di feriti.  La crisi era stata superata con la concessione di aumenti salariali e con la sostituzione del capo di governo; tuttavia era consistita nella classica “pezza” tamponante e temporanea.

Il fuoco aveva continuato a covare sotto la cenere per alcuni anni, sotto la grande copertura ideologica e organizzativa della Chiesa Cattolica nazionale; in modo sotterraneo, silente, l’opposizione  al governo e soprattutto, idealmente,  all’Unione Sovietica, si era ramificata in tutta la Polonia e si era anche strutturata, organizzata, di modo che potesse, ad un certo punto, divenire un vero soggetto politico, non più solo una protesta populista, come è di moda dire oggi.

L’organizzazione ecclesiastica, tuttavia,  pur essendo il perno su cui girava questa aggregazione popolare alternativa all’esistente, si era mantenuta defilata, ufficialmente  neutrale  fino al 1978, allorquando per una favorevole congiuntura di mercato, per un arcano disegno del destino, per opera dello Spirito Santo, non si sa, divenne Papa il polacco Carol Wojtyla che, nel giugno del 1979, fece un viaggio pastorale nella sua terra natia; ovviamente  in un tripudio di popolo che ridette vita alla fiamma, anzi,  fuoco alla miccia.

Nel settembre 1980, ancora a seguito di uno sciopero degli operai dei cantieri navali di Danzica, che evidentemente rappresentavano l’avanguardia  delle forze produttive,  nacque il Sindacato Autonomo dei Lavoratori “Solidarnosc”, Solidarietà, la cui fondazione  aveva costituito un evento fondamentale nella storia non solo polacca, ma dell’intero blocco comunista, in quanto aveva mirato da subito alla destabilizzazione e allo smantellamento del monopolio del partito unico di governo,  in chiave antisovietica.

Dopo un anno di scioperi, contestazioni e altre forme di dissenso politico e sociale, nel 1981 divenne primo ministro il generale Jaruzelski che,  anche per bloccare l’intervento diretto in Polonia dell’URSS, proclamò la legge marziale e, da quel momento, “ il Vaticano si rese responsabile di un ingente flusso di capitali volto a finanziare le attività di Solidarnosc.  Questa operazione venne effettuata principalmente tramite trasferimenti occulti di denaro da parte dello IOR, presieduto da Paul Marcinkus e del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi.” (Wikipedia)

La storia politica ed economia italiana degli anni a cavallo del ’70 e del ’80 del secolo scorso si era strettamente intrecciata con quella polacca; il  canale di collegamento era stata la Banca Vaticana che aveva rappresentato il punto di incontro, il coagulo di tutte le attività illecite, soprattutto riciclaggio dei proventi della Mafia nazionale e internazionale.  Sindona, Calvi, Banco Ambrosiano, la Banda della Magliana,  per non citare che i più noti; perfino la scomparsa di Emanuela Orlandi, secondo alcuni dietrologi, sarebbe da ascriversi a questa trama delinquenziale.  Fatti più che documentati storicamente e giudizialmente; mille milioni di dollari  il “banchiere di dio” Roberto Calvi aveva trasferito alla Chiesa polacca e a Solidarnosc per “attività caritatevoli” e, quando osò chiederne almeno la parziale restituzione, fece una brutta fine “suicidato” sotto i ponti dei Frati Neri a Londra.

Diversi libri sull’argomento sono stati scritti, frutto di investigazioni giornalistiche e storiche. Personalmente sono stata colpita nell’apprendere  quanto riportato dai giornalisti Giacomo Galeazzi e Ferruccio Pinotti nel loro “Wojtyla segreto”, in cui fanno riferimento ad una intervista rilasciata da  Zbigniev Brzezinski, il potentissimo consigliere segreto della Casa Bianca, vera eminenza grigia della politica americana, ebreo di origine polacca, che aveva teorizzato l’uso della religione come strumento per distruggere l’Impero sovietico, sostenendo la resistenza polacca e la cosiddetta “chiesa del silenzio”.  Brzezinski aveva ammesso che già nel 1976, due anni prima che Carol Wojtyla, arcivescovo di Cracovia,  divenisse papa,  ebbe un incontro riservato con lui ad Harward.  Sarebbe poi stato Brzezinski stesso, attraverso il cardinale Krol di origine polacca, a mobilitare la conferenza episcopale americana per l’elezione al soglio pontificio di Carol Wojtyla, due anni dopo.

Brzezinski non aveva inventato nulla di nuovo; semplicemente aveva applicato la direttiva principe del monodio ebraico, ovvero il “signore di questo mondo”, secondo i Catari, con la quale, nel corso dei millenni, si era imposto come dio universale, annientando i suoi “rivali” nel dominio dell’umanità, facendo  leva sulla manipolazione totalizzante delle coscienze, sulla negazione o l’assorbimento delle altre Energie, sempre però accompagnate dalle “pulizie etniche” di genti, animali e territori. Nella Bibbia, questo è proprio l’ordine costante di JYVH nella sua epopea di conquista della terra promessa.  La Chiesa di Roma, espressione storicamente “aggiornata” del ceppo originario, è stata un’allieva modello e di terra bruciata ne ha fatta tanta. Il Corano, testo sacro della terza fase del monoteismo, nella sua crudezza, ha il merito di essere esplicito, non finge di perseguire la pace, ma esalta ed obbliga alla jahad, cioè alla guerra santa, non solo contro gli infedeli, cioè tutti gli esseri umani non islamici, ma anche fra le sue stesse varie fazioni di credenti o affiliati, allo scopo del conseguimento del potere totale.  Vinca il migliore, anzi, vinca il più feroce;  ogni giorno le vicende dell’attualità storico-politica si susseguono sempre più accelerate, disumanizzanti e non servono le parole per consolare lo smarrimento delle anime .

Il Cattolicesimo polacco, del resto, da almeno tre secoli, è stato fortemente influenzato, permeato dal messianesimo ebraico di Sabbatai Zevi, vissuto nella Turchia ottomana nel XVII° secolo,  e Jacob Frank vissuto invece nella Polonia del XVIII°,  due “dumneh” ovvero  teorici delle conversioni formali ad altre religioni, rimanendo  interiormente cripto-giudei,  al fine di manipolarle ed orientarle verso l’accettazione del Messia ebraico, il monarca unico  che, con il popolo eletto, dovrebbe dominare l’intera umanità, sul piano terrestre, fisico, azzerando l’autentica spiritualità e ingabbiandola nella ideologia di una  RELIGIONE UNIVERSALE, materializzata e finalizzata al potere totale e assoluto senza alternative possibili.

Entrambi questi personaggi si fecero credere essi stessi il  Messia; il primo, per salvarsi dalla condanna a morte  inflittagli nell’Impero Ottomano, si convertì platealmente all’Islam e, per giustificarsi agli occhi dei suoi seguaci, ideò il credo della “purificazione attraverso il peccato” che ammette ogni sorta di trasgressione in ogni campo della vita umana; teorizza e mette in atto un caos permanente e sanguinario che disgreghi tutto e tutti, soprattutto la coscienza degli esseri umani, per accelerare la venuta del Messia, cioè del Nuovo Ordine Mondiale, in cui gli esseri umani siano totalmente ridotti a robot meccanici, forse senza più nemmeno l’anima .  I membri di questa tragica consorteria rappresentano l’evoluzione attuale di questa progettualità che comunque è partita dal mondo ebraico, se non tutto, almeno per la maggior parte, si ritengono esseri  al di fuori del piano umano, si sentono già “divini” ed infatti sono massimamente raggruppati nell’alta finanza e nei poteri mondiali più esclusivi.  Sicuramente, possono essere ritenuti i veri responsabili del complotto antiumano a livello planetario, il vero Anticristo.

Anche noi Italiani, nel nostro mediocre provincialismo, sembra che abbiamo avuto la nostra rappresentanza nella consorteria con due banchieri  , ormai defunti, Enrico Cuccia e Raffaele Mattioli, personaggi di spicco della scena economico-finanziaria italiana del XX° secolo,  almeno così gira voce in Internet;  certo è che non serve proprio considerare solo gli effetti degli accadimenti; è più che mai necessario risalire alle cause, alle sorgenti degli stessi per comprenderli e contrastarli.

Jacob Frank, ebreo polacco,  nato cento anni dopo Sabbatai Zevi e cresciuto in una famiglia sua ardente seguace, ne raccolse il testimone, si proclamò Messia e contemporaneamente si fece battezzare, come atto di necessità,  per inglobare nella sua sfera di influenza i credenti che si richiamavano al Cristianesimo.  Le gerarchie cattoliche e lo stesso sovrano polacco del tempo, invece di considerarlo per quello che era veramente, un millantatore fuori di testa, si direbbe oggi,  gli dettero credito, anzi lo lasciarono agire e lo potenziarono per anni, illudendosi che, attraverso di lui, gli Ebrei si sarebbero convertiti in massa al Cattolicesimo!

Il Signore acceca chi vuol perdere, è scritto nella Bibbia e il “signore di questo mondo” aveva voluto perderli subito; i suoi progetti erano proprio l’esatto contrario!  Verso la fine della sua vita Jacob Frank perse un po’ di prestigio, dato che investì la figlia Eva della successione dinastica a Messia; nel periodo in cui vissero a Czestochowa,  addirittura aveva orientato la devozione dei fedeli cristiani sulla figlia, distraendola da quella storica, classica cattolica della Madonna Nera!  Solo a quel punto le gerarchie si resero conto di essere stati eccessivamente ingenue, per quanto motivate da un tornaconto occulto, che  si rivoltò loro contro.

Tuttavia l’influenza di questi due personaggi sulla cultura del tempo fu determinante in quanto esperti conoscitori della Qabbala e di molte teorie gnostiche che la Chiesa Cattolica aveva occultato e avversato e il merito di avere sfondato, loro malgrado,  il muro di oscurantismo e di dogmatismo, di repressione del pensiero e della conoscenza allora imperante, sicuramente va riconosciuto. Le generazioni successive, particolarmente di artisti e letterati, fra i quali il più noto al grande pubblico è sicuramente Henryk Sienkiewicz, autore del libro “Quo vadis?”, da cui è stato tratto il più che celeberrimo film, assorbirono e trasmisero, a loro volta,  questa visione del Cristianesimo storico strettamente connaturato e sottomesso all’Ebraismo che resta, in ogni caso, il centro motore dalle origini alla fine di questo periodo di civiltà, definita proprio giudaico-cristiana.

Certo è che per i burattinai, estensori ed attuatori del piano a lungo termine del Nuovo Ordine Mondiale, ovvero dell’avvento del Messia ebraico, l’elezione a Papa di Albino Luciani nel 1978 deve avere costituito un incidente di percorso che andava subito riparato ed infatti, sempre per una favorevole congiuntura di mercato, per un arcano disegno del destino, per opera dello Spirito Santo, non si sa, solo dopo 33 giorni dal suo insediamento, Giovanni Paolo I°, improvvisamente, nottetempo, “rese l’anima e salì alla Casa del Padre”.  Sepolto in fretta e furia, senza particolari accertamenti o celebrazioni, gioco forza si dovette indire subito un nuovo conclave e questa volta lo Spirito Santo fece la cosa giusta: ispirò i cardinali ad eleggere quale Sommo Pontefice della Chiesa di Roma il polacco Karol Jozef Wojtyla.

Albino Luciani aveva scelto come nome papale Giovanni Paolo I°, facendo chiaro riferimento alle due figure più carismatiche e più autorevoli del Cristianesimo nascente, Giovanni l’Evangelista, il discepolo prediletto di Gesù Cristo e Paolo di Tarso, di cultura greca e zoroastriana, che è stato il vero ispiratore della dottrina cristiana  nelle sue concezioni più  spirituali ed evolutive delle coscienze umane. Entrambi, nei loro scritti, che si leggono nel  Nuovo Testamento, presero apertamente le distanze dalla religione ebraica, andarono oltre, rivendicando l’autonomia del Cristianesimo come portatore di una nuova era di civiltà e di evoluzione delle anime umane.  La partita fra le correnti giudaizzante e antigiudeizzante  si giocò subito nei primi decenni della nascente chiesa per la supremazia dottrinale e materiale e vinse la prima, la più agguerrita, forse anche la più feroce, che fece fuori tutti i cosiddetti eresiarchi, facendo del pensiero unico il suo pilastro portante. Poi ci si mise Costantino e le cose sono andate come sono andate e da oltre duemila anni la Chiesa di Roma e la religione cattolica  sono  espressione della massima ambiguità.

Orbene, dal punto di vista simbolico, Giovanni Paolo I° volle far rivivere, rivitalizzare il Cristianesimo dei primi fondatori; vox populi disse che la sera stessa della sua morte, avesse preso ad esaminare i documenti relativi allo IOR e ai suoi traffici multimiliardari illeciti, ma ahimè, non ebbe proprio il tempo di leggerli! Altro segno interessante è la coincidenza del 33; Gesù Cristo morì crocefisso a 33 anni;  Albino Luciani, Giovanni Paolo I° morì improvvisamente nel 33 esimo giorno della sua proclamazione a Papa.  Pura combinazione, messaggio criptico per chi ha orecchie per intendere?

Si legge che Karol Wojtyla avesse scelto come nome pastorale Stanislao I°, santo patrono della Polonia, ma che fu indotto dall’entourage, per pura convenienza,  ad optare per Giovanni Paolo II°, per rassicurare in qualche modo i fedeli che Giovanni Paolo I° sarebbe stato così sempre ricordato,  onorato e che l’azione che avrebbe voluto condurre in seno alla Chiesa, sarebbe comunque andata avanti.

In realtà, la corrente anti giudaizzante era stata stroncata subito sul rinascere; tutte le biografie di Wojtyla raccontano della sua socializzazione fra le comunità ebraiche polacche; del suo essere cattolico alla maniera dei “dumneh”, e il suo viaggio in Israele, metafisicamente, ma anche politicamente, rinsaldò la subordinazione della Chiesa di Roma alla religione madre. Il confine fra Ebraismo e Cattolicesimo è talmente sfumato, che si appresta a sparire del tutto, a mano a mano che le gerarchie vaticane preparano la loro conversione e confluenza nella religione universale, trascinando seco  il popolo dei credenti o creduloni, che forse sono sinonimi.

Nei primi anni ’80, Renzo Arbore,  che non è solo bravo a suonare e a cantare le canzoni napoletane, girò un film con il suo cast di “Quelli della notte”, il Pap’occhio, che fu ritirato dalla circolazione dopo pochi giorni di programmazione perché ritenuto blasfemo o fortemente offensivo nei riguardi di Giovanni Paolo II°.  A me era piaciuto moltissimo, mi aveva divertito, l’avevo trovato geniale. La trama, molto variegata peraltro, presentava un episodio in cui un Roberto Benigni giovane e spontaneo, prima maniera,  per un caso fortuito, si era trovato nell’appartamento del Papa in Vaticano e da ragazzo un po’ scemotto, approfittando del fatto di essere solo, si era preso la soddisfazione di farsi un bagno nella vasca papale.  Ne era uscito avvolto nell’accappatoio bianco e con la papalina in testa; senza accorgersi, era poi passato davanti alla finestra da cui il Papa parlava e benediceva i fedeli radunati in Piazza San Pietro. Ovazioni, applausi, inni di gioia, acclamazioni gli tributava la folla; dapprima lui si era intimorito per paura di essere scoperto, poi però ci aveva preso gusto e, a quella finestra ne aveva fatte di tutto e di più; persino seduto a cavalcioni con le gambe nude, e i fedeli sempre più entusiasti, urlanti, osannanti come gli spettatori dei concerti rock.

Ho ricordato questo simpatico siparietto per corroborare la mia convinzione che per il popolo dei credenti, creduloni, o più metafisicamente, delle anime di gruppo, che cosa veramente rappresenti un Papa, chi sia lui, che cosa persegua, che differenza ci sia tra l’uno e l’altro, quale ruolo rivesta sulla scena del mondo e quale funzione abbia in ragione delle varie correnti  teologiche e soprattutto di potere all’interno della Chiesa, non esiste proprio, per cui vanno bene tutti, giudaizzanti,   anti giudaizzanti,  islamisti, progressisti sovvertitori dei precetti morali, tradizionalisti, perfino Benigni, tanto finiscono tutti santificati!  Sono i tempi della dissoluzione per tutti, anche per la Chiesa di Roma.

Solo conoscendo i retroscena storici e spirituali, ma preferisco definirli multidimensionali, si può comprendere il perché la Polonia sia stata l’ariete di sfondamento dell’Impero sovietico e soprattutto della sua componente ideale che, vera o non vera, in ogni caso aveva rappresentato una contrapposizione, un’alternativa al potere unico assoluto, schiavizzante del genere umano, del monodio ebraico in cielo e della sua materializzazione  economica, politica e sociale in terra con la quale si è proposto di impadronirsi del mondo intero.  Israele e Usa sono, per ora, l’accoppiata vincente: la mente e il braccio armato, disposti a tutto, anche ad un olocausto totale, allo scopo di instaurare un  Regno d’Israele mondiale e il suo Messia, come profetizzato nell’Antico Testamento.

La Polonia, ancora prima di entrare nell’Unione Europea nel 2004, guarda caso, già era stata cooptata a pieno titolo nella Nato  nel 1999, sempre in chiave antisovietica, anche se la grande URSS non esisteva più, e disseminata degli armamenti atomici e di guerra nello spazio più terrificanti.  Si sente “l’Unta del signore” per accelerare gli eventi annunciati dalle profezie ed infatti è la più accanita sostenitrice e collaboratrice della guerra civile sanguinaria che è stata scatenata in Ucraina, sempre contro la Russia di Putin, controllata, manovrata dalla consorteria ebraica e dai neocon americani che hanno trasferito in Polonia il loro quartier generale.  Secondo me, poi Putin è un pretesto, non è la vera finalità che resta quella di stringere, concretizzare le profezie al più presto, perché il loro tempo cosmico sta scadendo ed altri “dei” stanno subentrando.

La Polonia, oggi, è considerata la nazione europea che,  entro il 2020, sarà la più fiorente, dove si vivrà meglio da tutti i punti di vista; infatti anch’essa ha mantenuto la sua moneta nazionale, lo sloty e la sua economia interna la guida al meglio; ma nella strategia geopolitica di annientamento totale nella quale siamo tutti coinvolti e di cui lei è la prima della classe, è così sicura che fra 6 anni esisterà ancora e che sarà sopravvissuta a tutto e a tutti?

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