I migranti fuggiaschi dalle aree più povere e più arretrate, tipo l’Africa subsahariana, o il Bangladesh e in Europa la Moldavia per esempio, nella generalità vengono reclutati e irretiti da una falsa propaganda, veicolata proprio dalle organizzazioni criminali e dai mass media locali, che sicuramente sono sul libro paga di chi ci guadagna da questo traffico, e che li illudono promettendo loro un lavoro e una sistemazione dignitosa nel nuovo Paese; oppure, più semplicemente, s’impegnano a ricongiungerli a loro familiari che già vi vivono.
Il mercato criminal-imprenditoriale del traffico degli esseri umani è organizzato e strutturato come una vera e propria industria dell’ingresso clandestino gestito su basi internazionali. È nato intorno agli anni ’80 del novecento, inizialmente su basi artigianali, quando i Paesi di destinazione, Europa Occidentale, America Settentrionale e Canada avevano progressivamente ridotto l’offerta legale di ingressi nei loro territori perché l’economia già era entrata nella fase ristagnante. Contemporaneamente, però, nei Paesi cosiddetti “in via di sviluppo”, cioè miserrimi, si verificava un rilevante aumento demografico, insostenibile per quelle società per cui l’emigrazione di massa, lo sfoltimento della popolazione in eccesso si erano resi assolutamente necessari. In altri tempi e in altre circostanze storiche, le due guerre mondiali e la pandemia di spagnola avevano ridotto la popolazione europea di decine e decine di milioni di abitanti.
Le organizzazioni criminali che gestiscono anche i flussi immigratori illegali e sfruttano i migranti per fini di lucro, denominate “Transnational holdings” sono transnazionali, multietniche, cioè composte da persone di diverse nazionalità con capacità di operare contemporaneamente in più Paesi e in più mercati illeciti. Le più attive in questo settore sono la mafia albanese, la russa, la turca, la cinese e la nigeriana che hanno un rapporto di tipo gregario, in termini di forza lavoro criminale, con le dominanti italiane, tuttavia in una comunione di forze, per cui si può dire che rappresentano il caso di cooperazione internazionale meglio riuscito. Si sono inserite nel traffico di esseri umani, ricavandone profitti ingentissimi, avvalendosi dei mezzi, delle strutture e del know how criminale già impiegati in particolare nel traffico di droga, di armi, di tabacco e altre merci di rilevante valore commerciale.
Con la caduta dell’Unione Sovietica nel 1989 si è rafforzato il processo di integrazione globale della criminalità organizzata e si è esteso verso nuovi confini. Sono nate nuove alleanze strategiche tra i cartelli sud americani ed elementi del mondo ex sovietico, le triadi cinesi, le Yakuza giapponesi e le altre organizzazioni delle varie parti del mondo per gestire tutta una serie di attività criminali, principalmente droga, armi, donne e minori, esseri umani in genere. Queste nuove forme di imprese criminali hanno necessità di reclutare una sempre maggiore manovalanza di disperati disposti a tutto che infatti vengono prevalentemente utilizzati nel giro dello spaccio della droga, sulle strade, o per la prostituzione e la pedofilia. Marx aveva teorizzato al suo tempo come l’accumulazione capitalistica derivasse dai profitti e dai bottini di guerra e dallo sfruttamento del lavoro salariato; ora è l’essere umano, la carne umana stessa ad essere cannibalizzata dal capitale al suo ultimo stadio.
Questo grande business economico non si limita all’azione criminosa sul campo delle varie mafie, bensì è favorita dal coinvolgimento di settori corrotti della politica, della burocrazia, della diplomazia e delle forze dell’ordine, in particolare nei Paesi di origine e di transito dei flussi migratori clandestini. Infatti, una parte minore dei proventi serve proprio a corrompere, tacitare, premiare funzionari di ogni livello, ma anche semplici cittadini che, in qualche modo, ne traggono anche un minimo reddito perché non hanno un lavoro, nessun’altra prospettiva di sostentamento.
L’organizzazione vera e propria è a forma piramidale; il vertice è costituito dai personaggi che in modo occulto manovrano i fili dell’immigrazione clandestina dal loro Paese; gente potente, danarosa, insospettabile e intoccabile, spesso partner politici, commerciali e finanziari di governi e imprese europee. Il livello medio è formato da organizzazioni criminali, solitamente mafie dei Paesi di transito che conoscono molto bene il territorio e dispongono di un sistema di relazioni illecite che consente loro di portare a buon fine l’impresa; Il terzo livello è la manovalanza, ovvero i cosiddetti trasportatori o passeurs, cioè quelli che fanno materialmente il lavoro sul territorio nell’ultima parte del viaggio, cioè introducono nel Paese di destinazione i trafficati.
La parte maggiore del denaro sporco ricavato, tolte le spese vive, come si suol dire, viene però subito investito in altri traffici, oppure riciclato all’interno di circuiti economico-finanziari legali che, in 24 ore, tramite grandi banche d’affari internazionali, consulenti qualificati e tecnologie informatiche, lo rendono più bianco del bianco e quanto mai apprezzato. È vero che ci sono in tutti gli Stati nazionali e nella Unione Europea diversi leggi volte a contrastare il riciclaggio di denaro proveniente da traffici illegali, ma per un caso che viene scoperto e perseguito, ce ne sono mille che prosperano; del resto questa attività, per quanto criminale sia, o in ragione di essa, è un pilastro portante dell’economia e della finanza mondiale.
Il traffico degli esseri umani, oltre ad essere un gravissimo problema di ordine criminale mondiale, è una delle forme più feroci e drammatiche di violazione dei diritti umani; tuttavia, non è l’unico polo di riferimento del fenomeno della nuova schiavitù che è molto diffuso in aree geografiche particolarmente arretrate, asiatiche e africane, in cui perdura a tutt’oggi una natalità assolutamente incontrollata, inversamente
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